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PINK FLOYD: “ANIMALS 2018 REMIX” IN DOLBY ATMOS

In arrivo il 17 Maggio 2024, su Blu-ray e piattaforme digitali compatibili (Apple Music, Tidal e Amazon Music), la versione Dolby Atmos di Animals 2018 Remix dei Pink Floyd. È la prima volta che l’album è disponibile in Dolby Atmos.
Il Blu-ray include il mix stereo e 5.1 ad alta risoluzione insieme al mix stereo originale del 1977. Per coloro che dispongono di un’apparecchiatura compatibile per ascoltarlo nel suo pieno splendore, il mix Dolby Atmos va oltre l’ascolto ordinario immergendo l’ascoltatore nella musica, rivelando i dettagli con una chiarezza e una profondità senza precedenti. Gli ascoltatori avranno la sensazione di trovarsi all’interno della canzone mentre la musica si muove intorno e sopra di loro.
L’artwork dell’album è stato reimmaginato appositamente per questa uscita e presentato in un digipak con un libretto di 16 pagine, un adesivo e una cartolina. L’immagine di copertina include ancora l’iconico maiale che galleggia tra le due ciminiere della Battersea Power Station, ideato da Roger Waters. Tuttavia, per questa nuova uscita, l’opera d’arte è stata ricreata per l’era moderna da Aubrey ‘Po’ Powell, partner di Storm Thorgerson alla Hipgnosis, e da Peter Curzon della StormStudios, e mostra lo storico edificio come appare oggi, con tanto di proiezioni luminose, le cui variazioni sono riportate nel libretto di accompagnamento. Le proiezioni e la grafica sono state mappate e disegnate da Peter Curzon per il lancio del Remix 2018 e la fotografia è di Rupert Truman e Benny Trickett con Aubrey Powell.

A questo link la pagina Amazon Italia


Nonostante la bellezza di queste uscite, che ci fanno ascoltare al meglio i capolavori dei Pink Floyd (non in questo caso perchè il Dolby Atmos è un formato che in pochi riescono ad ascoltare) rimango esterrefatto da come si continui a fare uscire le stesse cose, questa uscita poi è davvero imbarazzante, il box di Animals 2018 remix è uscito pochi mesi fa, anche il bluray singolo, ed ora fanno un nuovo mix, a distanza di poco tempo.. Da fan e collezionista, non prenderò ne questo ne Dark Side of the Moon con stampa UV. Anzi, Roger, David e Nick dovrebbero essere messi al corrente che così è una presa per il culo ai loro fan.

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PINK FLOYD: SPECIALE WEMBLEY 1977 – REPORTAGE DEL “MELODY MAKER”

Dopo un periodo di difficoltà personale (abrasione della cornea..) dove non ho potuto fare articoli, e me ne scuso, riprendo la serie “speciali” con la traduzione integrale di uno degli articoli più interessanti del Melody Maker, da cui si viene a sapere cosa c’era dietro ogni spettacolo dei Pink Floyd: cose a cui magari un fan non penserebbe mai, come problemi logistici, organizzativi e di sicurezza degli show, del curioso metodo di David Gilmour per curarsi da una influenza in tour, la conferma che tutti i live del 1977 sono stati registrati e tanto altro.. Leggendo questo articolo si ha la sensazione di essere nell’arena di Wembley mentre si prepara il concerto.. Ecco a voi la cronaca dei concerti del 15, 16, 17, 18 e 19 Marzo 1977 all’Empire Pool di Wembley in Inghilterra.


Articolo del Melody Maker – 26 Marzo 1977

Traduzione: Simone Signoretti / PINK FLOYD ITALIA ©

Il tour “In The Flesh” dei Pink Floyd sviluppa la loro fusione di musica, esperienza sonora ed enormi maiali gonfiabili. Ma i “segaioli” del consiglio rovineranno tutto? Nel frattempo, David Gilmour si fa iniettare cocaina liquida. Lo spettacolo deve continuare.


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PINK FLOYD: “ANIMALS 2018 REMIX” – IL DOCUMENTARIO

Pubblicato sulla pagina YouTube dei Pink Floyd, il documentario in versione integrale prodotto da Aubrey Po Powell sul nuovo Remix di Animals. Con nuove interviste a Roger Waters, David Gilmour e Nick Mason, il video si concentra sulla cover dell’album, il processo di registrazione, il tour e altro.. Sarebbe stato carino se fosse stato inserito all’interno del blu-ray in commercio.. A questo link la recensione della nuova versione in Stereo e 5.1.


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NICK MASON: NUOVA INTERVISTA – I RICORDI DI “ANIMALS”, GLI ALBUM DEI PINK FLOYD CHE SUONANO MEGLIO IN MONO SU VINILE E TANTO ALTRO!

Nick Mason non dice mai di no ad una intervista, ma questa volta si è superato, ed ecco qui una lunga, lunghissima chiacchierata che Nick ha fatto con Mike Mettler per il sito www.analogplanet.com dove parla della recentissima ristampa di Animals, ma anche di molto, molto altro.


INTERVISTA DI MIKE METTLER A NICK MASON PER ANALOGPLANET

Siete tornati indietro e avete fatto il Remix con il disco originale di Animals e avete trovato differenze o cose che avete sentito e che avreste voluto far risaltare di più quando [il produttore/remixer in capo] James Guthrie ci stava lavorando?

Ad essere sincero, aspettavo che James si limitasse a fare quello che aveva fatto. James raramente delude. Ma di tutti i nostri album, Animals è quello che più meritava di essere ripensato e riascoltato, perché ci sono molte cose che non si conoscono nell’originale.

Per me, un esempio è il lavoro di piatti che fai alla fine di “Dogs” [traccia 2 del lato 1]. È una cosa sottile, ma spicca di più sull’LP 2018 Remix.

Sì. Direi che la batteria su “Dogs” è certamente più evidente, forse più di qualsiasi altra cosa. Il che è davvero bello, perché spesso ci si accorge che le cose si perdono nel mix. Anche con cose fatte molto più di recente, è incredibile come, ascoltando in studio, si ottenga un suono e poi il mix finale sia un altro.

Ed è questa la differenza, giusto? C’è il nastro su cui si firma, il master originale, e poi quello che viene restituito spesso non è nemmeno lo stesso. E quando lo senti, pensi: “Questo non è quello che ho firmato. Cosa manca? Cosa c’è di diverso?”.

Sì. No, in realtà è straordinario come a volte le cose scompaiano, o ricompaiono, o altro.

Una delle cose che mi hai accennato prima a proposito di Animals è che il processo di registrazione è stato diverso, perché si trovava a Britannia Row, lo studio creato dai Pink Floyd, un’esperienza di registrazione molto diversa rispetto a quella di EMI/Abbey Road, dove erano stati realizzati molti dei precedenti album dei Pink Floyd. Può parlarmi di questa differenza per lei, come artista che registra, passando da Abbey Road a un luogo che voi avete essenzialmente costruito da zero?

Sì, beh, è stato molto diverso. Ma credo che sia stato un bene, anche se il risultato, dal punto di vista sonoro, non è stato inevitabilmente altrettanto buono, semplicemente. (ridacchia) Ma si trattava di una cosa: avevamo fatto tutto ad Abbey Road – ed era fantastico – ma volevamo costruire il nostro studio con l’idea di costruirne uno che fosse molto semplice da usare. L’idea era che, soprattutto se volevamo fare qualcosa di individuale, non avremmo avuto bisogno di molto personale e forse avremmo anche potuto ingegnerizzarlo da soli. Era un’operazione molto più intima e rilassata, molto diversa da quella che avevamo fatto in passato. E devo dire che è stato molto piacevole. Era una sorta di “casa”, in un certo senso. Avevamo scelto questo edificio [un palazzo di tre piani, situato al 35 di Britannia Row a Islington, Londra N1] e vi avevamo costruito uno studio partendo dal presupposto che Roger fosse raggiungibile a piedi [da casa sua, all’epoca]. Io ero un po’ più lontano (leggera pausa) – no, non l’avrei fatto a piedi. Sicuramente è stato scelto perché era nel posto giusto.

E la console che avevate in quello studio era una MCI JH500, giusto?

Esatto, e anche la macchina a nastro [MCI]. Si trattava di un kit perfettamente valido e funzionante, ma non all’altezza delle apparecchiature dello studio di Abbey Road e, inevitabilmente, non era così ben mantenuto. Insomma, era curata, ma ad Abbey Road si faceva di tutto per sistemarla ogni giorno.

Ha avuto l’impressione sia stato più intenso registrare le sessioni di Animals, perché ha dovuto affrontare tutti questi fattori diversi e forse difficili?

Mason: Non credo che fossimo consapevoli di pensare a fattori difficili. Penso che abbia funzionato di più l’idea di poterlo fare da soli.

Quindi è stato essenzialmente fai-da-te, il che significa che Animals è il vostro album punk. (ride)

Oh, sì! (ride) La questione del punk è interessante per via dei tempi. Siamo stati influenzati dal punk? Non ne sono sicuro. Penso che, in modo subliminale, probabilmente lo siamo stati. All’epoca eravamo in giro da, vediamo, il ’77, e avevamo già fatto 15, 17 anni, e… no, aspetta, avevamo fatto 10 anni. Il fatto è che eravamo passati dall’essere all’avanguardia all’essere grandi vecchi – ma vecchi abbastanza sicuri di sé, suppongo. [Nota: In realtà, a quel punto erano più 12 anni, visto che i Pink Floyd si erano formati nel 1965].

Sì, ma avete prodotto un album dei Damned in quella sede di Britannia Row non molto tempo dopo Animals, quindi c’era un legame molto diretto con il punk in quello studio. [Mason produsse l’album dei Damned del novembre 1977, Music for Pleasure, che la band aveva registrato lì nell’agosto dello stesso anno].

Sì, ma credo che la cosa che mi piaceva particolarmente del punk fosse il modo in cui le cose venivano fatte velocemente, e che era molto più grezzo e pronto. Credo che abbiamo cercato di andare avanti – con la registrazione di Animals – ma non credo che abbiamo affrettato i tempi. Di certo non credo che avremmo preso la prima take e l’avremmo seguita. Eravamo ancora abituati all’idea di rifare e rifare e rifare, finché non si ottiene qualcosa di utile.

In un certo senso, Animals ha anche un’atmosfera jazzistica. Per esempio, il tuo modo di suonare su “Dogs” sembra quasi che io debba guardarti mentre lo fai al Village Vanguard. (Mason ride) Cosa provi quando ascolti le tue esecuzioni sul disco 2018 Remix?

La cosa interessante è che non credo di aver sentito che fosse jazz, ma probabilmente l’influenza è tutta di Mitch Mitchell [il batterista della Jimi Hendrix Experience]. Ho sempre ritenuto che Mitch sia stato uno dei miei batteristi preferiti, perché quella sensazione leggermente jazzistica è il tipo di cosa che segna l’idea di abbassare il tempo. Ed era davvero il batterista perfetto per Jimi, non è vero?

Oh sì, assolutamente. A volte Jimi si lancia nella stratosfera, soprattutto a Woodstock. Quando lui e Mitch entrano nella sezione più improvvisata di quel set – che chiamerò space jazz – mi sembra che tu stia incanalando quella vibrazione durante la sequenza di talk-box di David Gilmour sul lato 2, traccia 1, in “Pigs (Three Different Ones)”. C’è un attacco che altri batteristi avrebbero fatto, ma tu lasci che la canzone si sviluppi. Non la stai travolgendo – e questo sembra essere sempre il tuo ruolo come batterista. Sei il meccanismo di supporto.

Sì, beh, mi fa piacere che sia una sorta di titolo per quello che faccio. (sorride)

Su “Sheep” [Lato 2, Traccia 2], c’è un credito per lei come fornitore di “effetti a nastro”. Mi dica cosa potrebbe aver comportato in realtà, in base a quello che sentiamo lì.

Beh, credo che, in particolare sulla voce [nella parte posteriore del brano], l’abbia fatto io, sì. C’era una specie di flangia. È difficile ricordare tutto ciò che riguarda la realizzazione del disco, ma ricordo molto di quando eravamo al Britannia Row, di come lavoravamo lì e di chi c’era, e così via. Molte cose sono state superate da altre cose, come far funzionare lo studio e poi usarlo.

Come hai detto tu, ora era il tuo posto e all’improvviso avevi altre 500 cose da fare rispetto a quando ti presenti ad Abbey Road dove tutto è gestito dai camici, per così dire. A Britannia Row non ci sono [i famosi ingegneri/produttori della EMI/Abbey Road] Bernard Speight o Norman Smith a occuparsi di tutte queste cose. Direbbe che a quel punto tutto questo era opprimente o semplicemente “Dobbiamo occuparci di questa cosa”?

No, assolutamente non travolgente. Mi sono sentito come “Sì, è una cosa bella da fare”. Penso che – beh, so che sembrava una cosa bella da fare, perché abbiamo iniziato a registrare lì The Wall nel novembre 1979. Ci siamo trasferiti da Britannia Row solo per motivi fiscali e siamo stati portati all’estero per realizzare The Wall. Ma prima di allora, credo che ci fossimo abituati all’idea che l’avremmo fatto [cioè tutto The Wall] a Brit Row, se avessimo potuto.

Dobbiamo anche parlare brevemente del nostro amico Po – Aubrey Powell – e della revisione dell’artwork di Animals, che deve farti sentire bene nel vedere come è stato fatto.

L’ho trovato bellissimo. È uno di quei momenti in cui pensi: “Oh, mi chiedo che cosa si inventerà, perché non è la stessa cosa senza Storm”. Poi ho guardato l’immagine che Po aveva fatto e ho pensato: “È davvero geniale. Davvero, davvero geniale”.


Parliamo dei primi dischi che ha inciso come artista. Negli ultimi anni sono state pubblicate delle ristampe mono dei primi due album dei Pink Floyd, The Piper at the Gates of Dawn dell’agosto 1967 e A Saucerful of Secrets del giugno 1968, entrambi su vinile da 180 grammi e rimasterizzati dall’originale analogico mono da James Guthrie, Joel Plante e Bernie Grundman. Ritiene che il mono sia la migliore rappresentazione di questi primi due album?

Sì, credo di sì, perché cercare di fare dello stereo un mono – è interessante, e forse inevitabile, che la gente voglia questo [mix stereo], ma è un assemblaggio artificiale.

È un’osservazione giusta. C’è qualcosa di Piper o Saucerful che, secondo lei, suona come “mono definitivo”?

Non credo. Devo dire che ho ascoltato molto Piper, ma l’ho ascoltato con l’idea di parti di batteria per [quello che sto facendo con] la band attuale.

Esatto, per Saucerful of Secrets di Nick Mason che è attualmente in tournée negli Stati Uniti. In questo senso, ti sei imbattuto in qualcosa che non sentivi da anni e hai pensato: “Oh, voglio provare a suonarlo adesso, per prepararmi al prossimo tour”?

Beh, in genere, con cose del genere, quello che si ricorda è completamente diverso da quello che c’è effettivamente sul disco! (Credo sia stato per “Chapter 24” [traccia 3 del lato 2 di Piper], dove ero sicuro che ci fosse una certa parte di batteria – e, ovviamente, non c’era. Non c’è, ma stavo cercando l’anello mancante.

Quindi, ora, ti basta inventare una parte di batteria per trasformarla in un “Chapter 25”?

(ride) Beh, non l’ho ancora fatto, ma non sarebbe difficile farlo!


Sento anche che c’è un legame tra Animals e “Hey Hey Rise Up!”, la prima nuova canzone dei Pink Floyd dopo molti anni [cioè dal 2014], pubblicata all’inizio dell’estate. Alcuni elementi tematici mi sono venuti in mente quando li ho ascoltati uno dietro l’altro. Si potevano percepire alcuni dei commenti sugli “animali” citati in Animals e alcune delle “attività animali” in corso oggi, il che faceva sembrare che ci fosse un po’ di legame tematico.

Devo dire che credo che “Hey Hey Rise Up!” sia un lavoro straordinario di David [Gilmour], perché ha preso il canto a cappella [di Andriy Khlyvnyuk, della band ucraina BoomBox] e ha costruito una traccia di accompagnamento su cui potevamo suonare da quella voce. Come ci sia riuscito, non mi è ancora del tutto chiaro (ridacchia), ma ci siamo ritrovati con una traccia di click su qualcosa che non era mai stato fatto in origine con qualcosa di simile. È un lavoro straordinario.

Sì, è davvero straordinario. E sono anche contento che, oltre alle versioni in CD e in digitale, abbiamo ottenuto anche un 45 giri per “Hey Hey Rise Up!”.

Sì, ed è stato un peccato non poterlo far uscire come si faceva ai vecchi tempi, quando, tre giorni dopo averlo registrato, il singolo arrivava nei negozi. Invece ci sono voluti sei mesi, o giù di lì, per farlo.

Come ho accennato brevemente, avete suonato molto materiale dei primi Pink Floyd nei Saucerful of Secrets di Nick Mason, e avete pubblicato un doppio album dal vivo di quel materiale su vinile [Live at the Roundhouse del settembre 2020]. Ritiene che sia una buona cosa avere di nuovo quella musica su vinile nella sua forma completa?

Sì! E penso che sia così a tutti i livelli, perché di recente ho preso un giradischi davvero buono – assolutamente fantastico. È una cosa straordinaria, ascoltare le cose come si deve.

Ora che hai il nuovo giradischi, hai rivisitato alcuni dischi che amavi o hai trovato qualcosa di nuovo che ti piace?

Beh, ho ascoltato diverse cose, ma il fatto è che ci si distrae. Inizi a cercare una cosa da mettere su, e finisci per ascoltare l’intero album di Woodstock. È stato divertente, recente. Soprattutto Santana, con l’assolo di batteria di (leggera pausa) – Mike Shrieve, credo.

Sì, Michael Shrieve, durante “Soul Sacrifice”. È divertente – in realtà ho appena rivisto tutto Woodstock di recente. È una cosa che faccio di solito ogni agosto, e guardando quello che fa Michael lì – voglio dire, non aveva nemmeno 21 anni all’epoca.

È venuto a vedere uno spettacolo dei Saucers tre anni fa, ed è stato davvero bello incontrarlo.

Anch’io l’ho conosciuto, è un ragazzo davvero meraviglioso. Ora, se ricordo bene, una volta mi hai detto che il primo 45 giri che hai comprato è stato “See You Later, Alligator” di Bill Haley and His Comets. È corretto?

Non proprio, e le dirò perché. Beh, è più o meno corretto. È stato il primo disco che ho comprato, ma era un 78 giri [uscito come 10 pollici su Decca, nel 1955]. Ed è stato l’unico 78 giri che ho posseduto, perché quasi subito è passato tutto al vinile e all’inevitabile 45 giri. E il primo che comprai fu probabilmente quello di Elvis [Presley].

Mi sembra giusto. E, per quanto riguarda gli album, credo che tu mi abbia anche detto che il tuo primo disco completo è stato di Elvis Presley, l’autointitolato Elvis Presley [uscito nel marzo 1956, su RCA Victor].

Sì, è vero.

[Nel 2014, Mason mi ha raccontato quanto segue sui suoi primi acquisti di vinili: “Dopo quel disco di Elvis Presley, c’è stato un po’ di rock and roll adolescenziale – Neil Sedaka, The Shadows, Cliff Richard, The Everly Brothers; cose del genere. Poi ho attraversato una fase jazz, e dopo esserne uscito, sono passato all’R&B, e poi ad Alexis Korner e John Mayall”].

Quindi diciamo che, quando avrai di nuovo la possibilità di passare più tempo con il tuo nuovo giradischi e non sarai distratto da qualcos’altro, c’è un altro o due dischi che vorresti ascoltare con questa nuova configurazione?

Quasi certamente qualcosa del catalogo Blue Note. O anche Africa/Brass [il disco del quartetto di John Coltrane uscito nel settembre del 1961 per Impulse!

Forse dovremmo procurarti Mose Alive! [un LP di Mose Allison dal vivo del 1966, su Atlantic] da mettere sul tuo giradischi. Hai visto Mose Allison al Village Vanguard di New York nel 1966, se ricordo bene.

Esatto, sì. In effetti, il cartellone era doppio, con lui e Thelonious Monk.

[Per un ulteriore contesto di influenza jazzistica, vi sottopongo un altro passaggio della mia intervista del 2014 con Mason: “Ricordo di aver visto questo film sul Newport Jazz Festival – Jazz on a Summer’s Day, si chiamava. (E da questo film devo interamente “Set the Controls for the Heart of the Sun” a Chico Hamilton. Suonò un assolo con i beaters (cioè i mallets) e lo filmarono. Era una cosa che non avevo mai visto fare a un batterista: usare le mazze in quel modo”.].

Un’ultima nota su Animals. A volte gravito più verso il lato 2 che verso il lato 1, forse solo perché mi piace la rabbia ribollente di “Pigs (Three Different Ones)”. (Mason ride) E che sfocia nella rivolta di “Sheep”, che penso che la gente possa anche equiparare alle cose che accadono nel mondo di oggi.

Sì! Beh, è rilevante. Una delle cose più belle della scrittura di Roger [Waters] è che, quando aveva vent’anni, scriveva di cose che sarebbero state altrettanto, o addirittura più, osservate sulla vita, 50 anni dopo.

È eterno. Beh, estrapoliamo questo suo commento finale per chiudere il discorso. Se qualcuno mette su la musica dei Pink Floyd nel 2072, cosa vorresti che ricavasse da quell’esperienza?

Cosa vorrei che ne ricavassero? Chi sa dove sarà andata la musica per allora? È una cosa molto strana – voglio dire, la musica è una cosa e i testi un’altra in termini di ciò che si potrebbe trovare rilevante tra 50 anni. Ma l’idea di poter concepire una musica popolare che fosse più di un singolo di 2 minuti e mezzo, e che potesse essere un pezzo a sé stante che durasse per tutta la durata che voleva, è straordinaria.


Fonte: www.analogplanet.com

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RECENSIONI: PINK FLOYD – ANIMALS “2018 REMIX”

Quando si vanno a toccare gli album storici di una band, rimasterizzandoli o addirittura remissandoli, è sempre un terreno minato. Ci sono album perfetti così come sono, altri meno, quindi a volte queste operazioni sono ben accette, altre volte no. In questo caso siamo davanti ad un completo remix di uno degli album più amati dai fan dei Pink Floyd, Animals, remix pronto dal 2018 ma uscito nel 2022 per le diverse visioni di Roger Waters e David Gilmour sulla presenza o meno di note di copertina (che potete trovare in fondo all’articolo).

Come ci si può immaginare dal nuovo artwork (confrontandolo con l’originale del 1977), nel Remix 2018 non si è preso semplicemente il nastro stereo originale a 2 tracce, re-equalizzandolo, ma si è andati ad intervenire sui nastri master originali a 24 tracce su tutti i singoli strumenti ed è stato rifatto completamente il mix in Stereo e per la prima volta in Dolby Surround 5.1, operazione non semplice visto che la registrazione di Animals, fu la prima occasione per i Pink Floyd di usare i loro allora appena completati “Britannia Row Studios”, ed i nastri ad oggi sono “un disastro totale” e hanno reso complicata tutta la fase del remix. Ma in qualche modo James Guthrie (assistito da Joel Plante e Bernie Grundman) c’è riuscito.

Per quanto riguarda la registrazione originale, i Britannia Row Studios segnarono un totale spacco con le precedenti sessioni ad Abbey Road: niente più console della EMI o della Neve e niente Studer tape recorder. La band infatti decise di equipaggiare lo studio con una console custom MCI JH-400 costruita con un’equalizzazione richiesta specificatamente da Roger Waters, un registratore a 24 tracce MCI (ma anche uno a 4 e uno a 2 tracce sempre MCI), tre Revoxes (forse gli A77s), un Nakamichi cassette recorder (1000 o 700), con compressione UREI 1176, Lexicon 102 Delay digitale, Eventide H910 Harmonizers e quattro JBL 4350 speaker cabinets. La scelta della console MCI al posto di una NEVE, sembra dovuta ad una mancanza di fondi, perché al tempo avevano fatto degli investimenti sbagliati.

Per questa nuova uscita è importante riconoscere uno dei segni distintivi della qualità delle pubblicazioni d’archivio dei Pink Floyd: James Guthrie lavora in ambito analogico con una catena di segnale che comprende apparecchiature d’epoca, al fine di collocare l’opera in un ambiente il più possibile autentico per rivisitarla e riconsiderarla nel suo insieme. Lavorare direttamente con i multitraccia è un must per qualsiasi remix, ma soprattutto per l’esperienza Surround. Si tratta di una scelta laboriosa che richiede molto tempo sia nella pre-produzione che nel missaggio stesso, ma avendo sperimentato il risultato finale come nelle precedenti uscite in alta risoluzione (The Dark Side of the Moon, Wish You Were Here e Amused To Death) il risultato è del tutto giustificato e come sempre uno sforzo squisitamente artigianale realizzato con l’assoluta cura e il rispetto che questa musica merita.


La novità più interessante è ovviamente il nuovo Mix 5.1, quindi inseriamo il Blu-ray Audio, traccia dts-Hd MA, 24-bit / 96 kHz non compresso e.. Play.

Finalmente mentre il Blu-ray è in ascolto, c’è almeno una immagine di sfondo..

Sia nel mix stereo che in quello 5.1, entrambe le parti di “Pigs On The Wing” sono mixate in 2 canali, per fornire un ambiente intimo alla meditazione di Roger sull’importanza delle relazioni interpersonali, sapendo che ci saranno dolore e ingiustizia, ma che la connessione emotiva fornisce una tregua dal trauma che un mondo incurante cerca di infliggere. La voce è un po’ più asciutta ma si sente che è stata “ripulita”, soprattutto in cuffia. Curioso notare che nella parte 2, la chitarra ha un missaggio diverso, con spostamenti da sinistra a destra, al contrario della parte 1 che rimane sempre su entrambi i canali. Sembra che Roger Waters sia di fronte a noi. Questo è un momento di apparente calma che si conclude dolcemente e che sfuma senza soluzione di continuità in “Dogs”.

Nel mix 5.1 (abituati alla classica versione Stereo) è come se il sipario si aprisse su uno schermo IMAX, Dogs è una delle canzoni più amate dai fan dei Pink Floyd, e finalmente riusciamo ad apprezzare veramente la batteria, oltre a quello che è stato riconosciuto come uno degli assolo più ispirati di David Gilmour, e il remix sembra enfatizzare maggiormente il dialogo tra chitarra e tastiere, che si spostano tra i canali retro da sinistra a destra e viceversa. I Delay della voce di David iniziano frontalmente e sfumano sul retro, il mix 5.1 si sente, eccome. Nel lungo assolo dopo la prima strofa cantata si sentono parti di tastiera che non ricordavo, almeno non così limpide. L’ultimo assolo di David dopo la parte cantata di Roger è da mandare nell’olimpo. Questo è un capolavoro sia nelle musiche che nei testi. “Who was dragged down by the stone“, i Floyd ci hanno trascinato nella loro grandezza.

Pigs (Three Different Ones) è un “calcio nel di dietro”, difficile trovare le parole, tutto quello presente nel mix è portato all’ennesima potenza, la batteria di Nick splende come mai abbiamo sentito prima, l’intermezzo strumentale è pura goduria, sembra di ascoltare le recenti versioni di Roger Waters durante i concerti dell’Us+Them tour da quanto è registrata bene. L’intermezzo strumentale con il talk-box di Gilmour e il groove della band è spaziale. Il finale è da brividi, il dialogo tra chitarra e basso non ricordavo fosse così intenso, vorresti non finisse mai. Una ulteriore conferma che sono stati la miglior band del mondo, dai, per davvero, sarò di parte ma…

Sheep è la traccia che più si presta al mix in 5.1 ed è un vero godimento. Anche qui il lavoro fatto è sbalorditivo. Suoni che prima rimanevo “dietro”, ora sono ben udibili e danno tutto un altro “tiro” a questo capolavoro. Le tastiere di Rick hanno tutto un altro effetto e sono tutte intorno a noi.

La dissolvenza ci riporta alla normalità e sfuma nel sentimento conclusivo di Roger con Pigs On The Wing pt. 2, che offre speranza a chiunque ne abbia bisogno.


Conclusioni

La versione originale, uscita a Gennaio 77, è sempre stata pervasa da un suono “cupo”, ed i fan lo hanno amato anche per quello, non solo per la musica contenuta all’interno. Ma c’è da dire una cosa, se i Floyd avessero registrato questo album ad esempio ad Abbey Road, il risultato sarebbe stato più vicino a questo nuovo mix che alla versione registrata ai Britannia Road.. Personalmente amo Animals al pari di tutti gli altri capolavori dei Pink Floyd, e lo dico con convinzione: da ora in avanti se dovrò scegliere quale versione ascoltare, non ci sono dubbi. Il remix 2018 avrà tolto un minimo di cupe sonorità, ma ha portato alla luce una potenza, un sfrontatezza e una ignoranza che si sposano alla perfezione con i testi e la musica in esso contenuto.

Nel Blu-ray Audio è comunque presente il Mix Stereo Originale nella risoluzione dts-Hd MA 24-bit/192 kHz non compresso, realizzato nel 1977 da Brian Humphries.

Piccola curiosità all’interno del libretto: a differenza delle precedenti versioni, cambiano leggermente i crediti degli strumenti: per Roger Waters e Nick Mason rimangono uguali, rispettivamente basso, voci e batteria. Mentre Richard Wright viene accreditato oltre che per tastiere, anche per le voci (!), David Gilmour invece, oltre che per le chitarre e voce, viene accreditato anche per il basso e le tastiere (!).

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PINK FLOYD: É USCITO “ANIMALS 2018 REMIX”!

Disponibile per l’acquisto, finalmente, il tanto atteso Animals 2018 Remix: la nuova versione, di cui abbiamo ampiamente parlato, è stata curata dall’ingegnere di lunga data dei Pink Floyd James Guthrie, ed è disponibile nelle versioni CDLP (con copertina apribile), Blu-ray e SACD, mentre per la versione Deluxe Gatefold bisognerà aspettare il 7 Ottobre 2022. La versione stereo originale del 1977 è comunque presente all’interno della versione Blu-ray. Un libretto di 32 pagine conterrà foto rare e memorabilia, ma non note di copertina. Aubrey “Po” Powell di Hipgnosis ha aggiornato l’iconica copertina originale di Storm Thorgerson, che raffigura un maiale gonfiabile che galleggia sulla Battersea Power Station di Londra.

ll produttore/ingegnere James Guthrie sul suo nuovo mix stereo di Animals:

Animals è uno dei miei dischi preferiti dei Pink Floyd. La direzione originale dell’album era estremamente imponente e funzionava a molti livelli. Roger, David, Rick e Nick dipingevano un paesaggio oscuro e distopico che era spaventoso e in qualche modo ispirante allo stesso tempo, quindi era importante mantenere la forma drammatica del progetto.
Il mio primo obiettivo con il nuovo mix è stato quello di cercare di ottenere un’atmosfera musicale migliore. Nell’album ci sono dei brani molto belli e sentivo che c’era più potenziale nel materiale registrato di quanto non fosse stato realizzato durante il missaggio originale.
Il missaggio è così importante perché può davvero influenzare il groove musicale di una canzone. Determina l’impatto emotivo di un brano musicale. Un buon missaggio può davvero dare vita a una canzone, oppure, se si manca il bersaglio, può infliggere molti danni. Lavorare sull’interazione musicale è fondamentale e, per quanto mi riguarda, credo che le canzoni siano tutte più efficaci rispetto al passato. C’è più emozione dietro quei testi potenti.
La registrazione di questo album è un po’ Lo-Fi, ma in modo piacevole. L’LP manterrà sempre molto del suo sapore originale, ma ho cercato di aumentare la gamma dinamica e di estendere la sua fedeltà in tutte le direzioni. Ho cercato di creare un palcoscenico più tridimensionale. In questo modo l’album è più in linea con gli altri dischi dei Pink Floyd e si spera che attiri l’ascoltatore, costringendolo a immergersi maggiormente nel viaggio.
Sento che ora c’è una nuova vita nella musica, sia in stereo che in 5.1, e spero davvero che tutti apprezzino i nuovi mix
“.


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INTERVISTA DI GARY GRAFF A NICK MASON PER “CONSEQUENCE SOUND” 

Per Nick Mason, la cosa migliore dell’uscita dell’album Animals 2018 Remix dei Pink Floyd è che la gente potrebbe smettere di chiedergli quando uscirà un Animals aggiornato.

Ci è voluto un po’ di tempo“, dice il batterista a Consequence ridendo via Zoom dalla sua casa in Inghilterra. “Ma siamo molto soddisfatti, credo“.

Mason afferma che “Covid, la Brexit e tutto il resto” hanno contribuito al ritardo dell’uscita, oltre al disguido delle note di copertina. “David e Roger hanno avuto un forte disaccordo sulle note di copertina“, osserva Mason, “e come tutte le grandi guerre mondiali nessuno ricorda bene di cosa si trattasse e quale fosse il problema. Ma ci furono molti tira e molla e alla fine si arrivò a una sorta di risoluzione“. Anche senza la sua partecipazione attiva: “Sono riuscito a starne fuori“, sostiene Mason.

I ricordi di Mason su Animals riguardano più la costruzione di Britannia Row, la nuova sede dei Pink Floyd, che la realizzazione della musica. “Il problema di Animals è che non ricordo molto di come l’abbiamo fatto“, dice. “Ero molto più coinvolto nella costruzione, nell’installazione e così via. L’abbiamo costruito da zero, più o meno, all’interno di un vecchio edificio. È davvero straordinario come alcune cose rimangano impresse nella mia memoria, ad esempio come abbiamo posato il cemento per la base del pavimento dello studio, ma non riesco a ricordare perché abbiamo fatto qualcosa su ‘Sheep’ o cose del genere“.

Ritiene tuttavia che Animals – che contiene tre brani estesi (“Dogs”, “Pigs [Three Different Ones]” e “Sheep”) delimitati da due brevi tracce di “Pigs on the Wing” – non abbia il giusto peso nella storia dei Pink Floyd. “La gente tende a conoscere i Pink Floyd attraverso forse tre o quattro album, e Animals non è uno di questi“, dice a proposito del set, che utilizza i testi di Animal Farm di George Orwell per commentare il classismo della società. “Penso che il testo sia pertinente e che ci sia sicuramente un’ottima esecuzione“. Il concetto, ancora attuale, potrebbe essere in parte responsabile di questo, ipotizza Mason.

Credo che dal punto di vista del testo sia un po’ più complicato, in termini di ciò che Roger dice, mentre qualcosa come Dark Side è molto più pulito, e lo stesso vale per Wish You Were Here“, spiega Mason. “Quindi forse anche questo fa parte di questo“. Nonostante la lunghezza dei brani e gli arrangiamenti intricati, Mason ritiene che l’esecuzione di Animals sia più diretta e spoglia, e “relativamente più semplice da registrare” rispetto ai predecessori di Animals.

Viene da un periodo in cui c’era molta altra musica in corso, di tutte le altre forme. La questione principale è se il punk abbia avuto qualche influenza su di esso, e in un certo senso suggerirei che l’ha avuta perché è un po’ più semplice in certi aspetti rispetto ad altre cose. Forse non volevamo rimanere invischiati nella faccenda del prog rock diventato così grandioso – anche se non abbiamo mai avuto una conversazione, che io sappia o ricordi, sul fatto che il punk fosse un’influenza o dovesse essere preso in considerazione quando lo stavamo realizzando”.

Oltre al nuovo mix, Mason è soddisfatto anche della copertina, che è stata esposta come parte della mostra dei Pink Floyd “Their Mortal Remains”. “Penso che sia fantastica”, e che sia la continuazione di un’idea che abbiamo avuto in precedenza, cioè quella di aggiornare qualcosa che è già esistito – compresa la compilation Relics del 1971 e la ristampa dell’anno scorso di A Momentary Lapse of Reason del 1987“.



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